thelastbeach

Mi chiamo Vittorio Tigrino, lavoro all’Università del Piemonte Orientale, e mi occupo di storia.

Sto lavorando da alcuni anni alla storia delle spiagge, e in particolare alla trasformazione delle spiagge della Liguria dall’inizio dell’età moderna ad oggi, e questa è il sito di un mio progetto di Dizionario Biografico delle Spiagge della Liguria.

La mia pagina accademica:

https://upobook.uniupo.it/vittorio.tigrino

La mia pagina su academia.edu, dove puoi trovare i riferimenti ad alcuni miei saggi su questo tema:

https://unipmn.academia.edu/VittorioTigrino

Il paesaggio costiero come patrimonio nazionale: la storia e l’erosione delle spiagge italiane e il caso della Liguria

1.   CRISI DEL CLIMA, CRISI DELLE SPIAGGE: IL RUOLO DELLA STORIA E IL RUOLO DEGLI STORICI

Nella discussione politica degli ultimi anni, il tema del cambiamento climatico e dell’innalzamento delle temperature è stato a livello globale tra gli argomenti che più hanno monopolizzato la discussione. A margine di questo, si è aperto un dibattito pubblico sui rischi legati alla perdita o alla riduzione delle spiagge (l’erosione, l’innalzamento del livello dei mari) e ai cambiamenti del profilo costiero. Ciò è accaduto anche in Italia, dove questi paesaggi hanno un valore enorme – basti pensare all’importanza dell’economia turistica. E proprio in Italia ne sono derivati anche importanti interventi legislativi, concepiti in un’ottica emergenziale, ovvero rivendicando che gli «eventi calamitosi» recenti che hanno interessato le coste siano del tutto «straordinari» (si veda la legge finanziaria dello Stato 2019, c. 683, art. 1, L. 30 dicembre 2018 n. 145, da cui le citazioni virgolettate).

La rivendicazione di eccezionalità, rispetto alla lettura di un processo (storico) in atto, non sempre però comporta un interesse concreto rispetto alla sua ricostruzione. Si tratta di un atteggiamento che per certi versi caratterizza anche parte del discorso pubblico sulla crisi ambientale in generale: il discorso sull’Antropocene, nella percezione di molti, tiene conto della storia solo nel momento in cui giustappone un passato sostanzialmente indefinito – in forma di modello antitetico – ad un presente drammatico, secondo una lettura banalizzante che a tratti ancora sconta la a lungo radicata idea che esista una storia (lenta) della natura, ed una (sempre più veloce, e travolgente) dell’uomo, che si sarebbero incontrate solo negli ultimi decenni, quelli della “grande accelerazione”.

Su questi temi generali, come noto, la storiografia ha molto puntato l’attenzione. Ed anche per quel che riguarda la storia delle spiagge, se è vero che in passato è stata studiata solo marginalmente, da qualche decennio l’attenzione è certamente cresciuta, anche grazie al successo della environmental history [1]. Le potenzialità di questo campo di analisi sono comunque ancora da sviluppare, e gli storici possono ricoprire un ruolo importante nella discussione pubblica. Ciò vale anche e soprattutto per il caso italiano, dove, va detto, a fronte dell’estensione e dell’importanza di questo “tesoro” del patrimonio nazionale, il contributo degli storici è ad oggi ancora abbastanza limitato. Questo, paradossalmente, nonostante il fatto che si sia generata, già a partire almeno dal secolo scorso, una fortissima domanda di storia. Constatare chi l’ha formulata, e a chi ci si è rivolti per ottenere risposte, permette di capire quali fossero e quali siano le aspettative rispetto a questa particolare risorsa ambientale.

Tra i soggetti che oggi pensano i processi relativi alle spiagge e che sono maggiormente interessati alle loro trasformazioni (e che quindi formulano una domanda di storia) ci sono certamente gli amministratori, i politici e i pianificatori da una parte, e i lavoratori delle spiagge, in particolare i balneari dall’altra (in Italia la specializzazione professionale in questo campo ha caratteri del tutto originali, per il gran numero di addetti, l’estensione delle spiagge e la percentuale di quelle in concessione); ma anche gli attori locali, le associazioni, che partecipano al dibattito su conservazione, tutela e valorizzazione di questo patrimonio “naturale e culturale”.

A rispondere a queste domande si trovano soprattutto, con qualche eccezione, competenze non specificamente storiche: ovvero quelle dei tecnici, degli ingegneri, dei geologi, talvolta dei geografi, come dimostrano la gran parte delle pubblicazioni e la sterminata letteratura grigia sul tema (si veda per il caso italiano, tra i moltissimi esempi, la rivista Studi costierihttp://www.gnrac.it/rivista/rivista.htm). Competenze che sanno accogliere la richiesta specifica di una definizione tecnico-operativa, che sia geometricamente applicata al passato (la storia della linea di costa), ma operativamente applicabile al futuro. Come a dire che è soprattutto la storia naturale della spiaggia, analizzata nei suoi aspetti tecnici, ad essere la più richiesta, nella volontà di configurare o “preservare” oggi la costa stessa, a volte a partire dall’idea che esista in un passato indefinito una “naturale” forma del lido.

In questi termini, la risposta degli storici è certamente sollecitata in modo poco significativo: da qui lo «scippo» che subiscono [2], e che mi pare problematico non tanto per motivi corporativi, ma per il rischio di una semplificazione nella lettura del significato storico di questi spazi, e dell’annullamento o forte riduzione della dimensione locale delle azioni che li hanno costruiti e animati. Un rischio che si concretizza, ad esempio, nel momento in cui la qualificazione del problema avviene appiattendo il discorso su un mero calcolo economico del rapporto costi/benefici legato al presente (come sembra suggerire la legge citata poco sopra, che riduce la «valorizzazione» della spiaggia nel senso esclusivo di una sua «più proficuautilizzazione»), mettendo in ombra un fenomeno storico complesso come quello della erosione (o dell’espansione) delle coste.

In quest’ottica, è evidente che il ruolo dello storico può assumere un valore diversamente strategico, nel far convergere il discorso sulla dinamica delle coste in quello più generale intorno al patrimonio in direzione di un percorso comune di conoscenza, che mostri e analizzi come gli aspetti sociali, culturali, economici e giuridici sono connessi con quelli tecnici, geografici e fisici (naturali). Se l’intervento tecnico si misura su dinamiche di lungo periodo (tra il passato e il futuro), e sulla sostenibilità degli interventi – economica, sociale, ambientale – la definizione di cosa sia, cosa debba essere e cosa sia stato l’oggetto su cui si agisce diventa determinante. Una urgenza diventata ancora più acuta nel corso della crisi Covid-19, che con l’imposizione di restrizioni all’uso ha smascherato definitivamente la limitatezza di questi spazi, e l’importanza di preservarne, oggi come nel passato, la disponibilità ad un pubblico che li pensa in modi talvolta diversi e concorrenti.

E a testimoniare ulteriormente la domanda di storia che sta dietro a questo processo, mi pare ci sia ad esempio il fatto che all’interno del discorso sul patrimonio globale (quello legato alle candidature Unesco) non solo si assiste oggi a tentativi di promozione di siti costieri puntuali (Scala dei Turchi) in ragione dei loro caratteri culturali e “naturali”, ma si promuovono nuove azioni sulle spiagge come testimonianza del patrimonio immateriale (la spiaggia di Riccione: https://www.identitadispiaggia.it [3]), dove il saper fare che si vuol tutelare (attraverso un lavoro di documentazione storica e di produzione di fonti) è proprio quello che ha storicamente costruito e praticato quella spiaggia fino ai giorni nostri.

2.   IL CASO DELLE SPIAGGE LIGURI TRA ANTICO REGIME E INTERVENTI CONTEMPORANEI: UNA PROSPETTIVA DI STORIA APPLICATA

La storia delle spiagge liguri nel lungo periodo mi pare possa essere un buon esempio del potenziale applicativo della ricerca storica [4]. 

Partendo da un tema paradossalmente poco battuto della storia regionale, quello della definizione dei diritti di uso delle spiagge in antico regime, ho avuto modo di constatare la ricchezza delle fonti giurisdizionali, politiche e amministrative, che permettono di recuperare la concretezza fisica degli spazi vicini al mare, la loro costante trasformazione, e soprattutto il modo in cui essi erano praticati, ad una scala topografica. L’analisi delle procedure di vendita del governo della Repubblica di Genova dei «siti arenili» del suo dominio, in un periodo di generalizzato accrescimento delle spiagge, mostra le ragioni economiche, sociali, istituzionali o legate al “rischio ambientale”, spesso concorrenti, che animavano i tanti attori sociali coinvolti ([5]: ho in corso di stesura una monografia su questa operazione). 

Contestualmente ho cominciato a lavorare, per il periodo successivo, sulla crescente (e quasi scoraggiante per mole) documentazione che riguarda gli interventi e le discussioni sulle spiagge in relazione alle grandi trasformazioni otto-novecentesche (l’infrastrutturazione della costa; l’utilizzo terapeutico, ricreativo e turistico; l’emergere delle prime rivendicazioni paesaggistiche e/o ambientali), e sul dibattito tecnico e scientifico sul tema dell’erosione.

Si tratta di due temi evidentemente correlati, come mostra un testo – Le spiagge della riviera ligure, del 1937 [6] –, che risale oramai a quasi un secolo fa, ma che è ancora riconosciuto come il più significativo dal punto di vista delle fonti storiche, tanto da costituire la base delle storie costiere “tecniche” realizzate recentemente in ambito ligure.

Proprio il successo di quel volume – primo di una collana dedicata a monografie regionali sulle variazioni delle spiagge italiane, pubblicato e promosso dal Consiglio nazionale delle ricerche e dal Comitato per la geografia a partire appunto dagli anni Trenta del Novecento, con un esplicito intento applicativo – mi pare testimoni un atteggiamento ambivalente (forse abbastanza generalizzato) nei confronti del ruolo della storia (o degli storici).

Da una parte infatti l’incontro con (o meglio la riscoperta di) quel testo e dei suoi contenuti storici viene addirittura dipinto come una sorta di «rivelazione» per i committenti – ovvero il governo regionale –  delle due più importanti monografie promosse nell’ultimo decennio sulla «analisi evolutiva» delle coste regionali; l’«occasione di una svolta» da cui far scaturire una «inversione di rotta» nell’affrontare anche operativamente il problema dell’erosione costiera da parte delle istituzioni ([7]: le citazioni dall’introduzione del primo volume del 2010).

Dall’altra non si è ritenuto, nell’aggiornare quel testo, di sollecitare un contributo specifico degli storici di oggi. Né per la storia degli ultimi decenni (evidentemente assente nel volume del 1937), né per implementare quella precedente. Tanto che la bibliografia di quelle nuove, importantissime monografie regionali (esplicitamente presentate come aggiornamento del testo del 1937) non contempla alcun contributo di storia (o meglio, di “storici”) in senso stretto, se si escludono quelli di uno degli autori, Giorgio Berriolo (un ingegnere: ma solo nel volume 2010; nulla nel 2015). Eppure proprio le vicende della stesura del testo degli anni Trenta, che ho potuto ricostruire sui documenti preparatori, sono rivelatrici di quanto sia stata dirimente l’irruzione della storia attraverso un profondo scavo di fonti di archivio in una monografia che si voleva prettamente tecnica (in particolare per le competenze e l’ostinazione di uno degli autori, Mario Ascari, geografo e storico).

Quel che è accaduto negli ultimi decenni per altri casi regionali offre però un’idea delle potenzialità di un dialogo interdisciplinare (un esempio recente è relativo al caso toscano e alla storia delle sue coste: http://www.toscanatirrenica.it/index.php?id=prog.; ma analoghi tentativi sono stati fatti anche in altri contesti regionali). Un dialogo che è auspicato anche dal Programma nazionale per la ricerca 2021-2027 (uno dei cui obiettivi è proprio promuovere la conoscenza dei processi di alterazione della fascia costiera: 6.5, art. 1), insistendo sull’importanza delle discipline umanistiche per decifrare il «cambiamento climatico, geologico e biologico”, e per favorire “la comprensione degli impatti dell’avanzamento tecnologico” (amb. 2.3, art. 3). 

E gli storici possono certamente contribuire a questo dialogo, restituendo spessore storico a quei protagonisti (locali, centrali) e qualificando il significato dei fatti (tecnici, politici, giurisdizionali) che nel tempo hanno costruite le spiagge, e analizzando storicamente e criticamente quelle categorie che monopolizzano il dibattito pubblico oggi (biodiversità; resilienza; naturalità). Si tratta di una missione importante, perché le spiagge hanno le loro storie “comuni” ma contestuali, che ne fanno un patrimonio la cui profondità storica è ancora in buona parte da scoprire, e soprattutto da comunicare e promuovere, per superare una fruizione poco consapevole di questo patrimonio (con questo obbiettivo all’url www.thelastbeach.org ho aperto un sito web dove collocare un Dizionario biografico della spiagge della Liguria, che costituisca una sorta di anti-atlante o guida storica ad accesso aperto funzionale ad un modo alternativo di pensare quegli spazi).

BIBLIOGRAFIA

[1] Thoen, Erik, e Borger, Guus J., e de Kraker, Adriaan M.J., e Soens, Tim, e Tys, Dries, e Vervaet, Lies, e Weerts, Henk J. T. (eds.). Landscapes or seascapes? The history of the coastal environment in the North Sea area reconsidered. Brepols, 2013. Cumbler, John, e Liu, Ts’ui-jung, e Paolini, Federico (eds.), «Built upon Sand and Sea: The Impact of Shifts in Economic Activity on Fragile Coastlines». Storia e Futuro. Rivista di Storia e Storiografia online 29 (2012). http://storiaefuturo.eu/built-upon-sand-and-sea-the-impact-of-shifts-in-economic-activity-on-fragile-coastlines/ Sarrazin, Jean-Luc, e Sauzeau, Thierry (dir.). Le paysan et la mer. Ruralités littorales et maritimes en Europe au Moyen Âge et à l’Époque moderne. Presses universitaires du Midi, 2019. Devienne, Elsa. La Ruée vers le sable: Une Histoire environnementale des plages de Los Angeles au XXe siècle. Éditions de la Sorbonne, 2020.

[2] Torre, Angelo (a c. di). «Premessa». Storia applicata. Quaderni storici 150 (2015): 621-628.

[3] Bagnaresi, Davide, e Battilani, Patrizia, e Mariotti, Alessia «Un progetto di ricerca storica partecipata: la comunità di Riccione, il “saper fare dei bagnini” e l’antropizzazione della spiaggia». Storia e Futuro. Rivista di Storia e Storiografia online 53 (2021). http://storiaefuturo.eu/un-progetto-di-ricerca-storica-partecipata-la-comunita-di-riccione-il-saper-fare-dei-bagnini-e-lantropizzazione-della-sua-spiaggia/

[4] Tigrino, Vittorio. «Fronte mare: la storia collettiva delle spiagge e gli spazi della storia (Liguria, 1711, 2020)». Archivio Scialoja-Bolla. Annali di studio sulla proprietà collettiva 1/2020. Giuffrè, 2020: 281-304.

[5] Stagno, Anna Maria, e Tigrino, Vittorio. «Borderline landscapes. History and environmental archaeology of Ligurian hills and shores (XVIII-XXI c.)». Annali dell’Istituto storico italo-germanico / Jahrbuch des Italienisch-deutschen historischen Instituts 46/2 (2020): 69-102. Tigrino, Vittorio. «Colonizzazione delle spiagge, spazio urbano e rischio ambientale in una comunità del genovesato nel XVIII Secolo». Geotema XXV supplemento (2021): 53-62. https://www.ageiweb.it/geotema/wp-content/uploads/2021/06/GEOTEMA_S4_2021_5_Tigrino.pdf

[6] Ascari, Mario, e Baccino, Lorenzo, e Sanguineti, Giovanni. Le spiagge della riviera ligure, vol. I. della collana Ricerche sulle variazioni delle spiagge italiane, Consiglio nazionale delle ricerche, Comitato per la geografia – Comitato per l’ingegneria, 1937.

[7] Fierro, Giuliano, e Berriolo, Giorgio, e Ferrari, Marco. Le spiagge della Liguria occidentale, analisi evolutiva, Regione Liguria, 2010. https://www.regione.liguria.it/components/com_publiccompetitions/includes/download.php?id=7906:le-spiagge-della-liguria-occidentale.pdf   Fierro, Giuliano, e Berriolo, Giorgio, e Ferrari, Marco. Le spiagge della Liguria centro-orientale, analisi evolutiva, Regione Liguria, 2015. https://www.regione.liguria.it/components/com_publiccompetitions/includes/download.php?id=10691:le-spiagge-della-liguria-orientale.pdf